Sentenza TF: determinazione del danno risultante nel quadro di singoli investimenti, effettuati in seguito a una consulenza contraria alla strategia convenuta
DTF 144 III 155 del 16 aprile 2018
Il 16 aprile 2018 il Tribunale federale ha deciso (DTF 144 III 155) che il danno risultante nel quadro di singoli investimenti, effettuati in seguito a una consulenza contraria alla strategia convenuta, deve essere sufficientemente comprovato sulla base delle singole operazioni effettuate in violazione degli obblighi assunti.
Fattispecie
Nel caso specifico vi era in essere un contratto di consulenza in materia d’investimenti, retto dalle norme sul contratto di mandato. Secondo i fatti accertati dall’autorità inferiore, il consulente della clientela ha sottoposto al cliente diversi estratti di deposito confezionati dal medesimo consulente, ma in parte non corrispondenti agli estratti patrimoniali ufficiali della banca. Dagli estratti di deposito del consulente non figuravano in particolare sedici transazioni eseguite da quest’ultimo in maniera contraria a quanto concordato. Di conseguenza, gli estratti allestiti dal consulente dimostravano un patrimonio del cliente notevolmente più elevato rispetto a quello risultante dagli estratti di deposito ufficiali della banca.
Considerazioni e conclusioni del Tribunale federale
Secondo la costante giurisprudenza, il danno, inteso come pregiudizio economico, consiste in una riduzione involontaria del patrimonio che può configurarsi in una diminuzione degli attivi, un aumento dei passivi o una perdita di guadagno; tale riduzione corrisponde alla differenza tra lo stato attuale del patrimonio e lo stato ipotetico del patrimonio se l’evento dannoso non si fosse verificato.
Nell’ambito dell’attività di investimento la determinazione del danno va differenziata a dipendenza della tipologia della violazione contrattuale: in presenza di una gestione impropria dell’intero patrimonio, il danno può derivare dal perseguimento di una strategia d’investimento contraria all’obbligo di diligenza; d’altro canto, il danno può essere limitato a singoli investimenti facilmente determinabili. Nel primo caso, il calcolo del danno comprende l’intero portafoglio, mentre nel secondo caso, è determinante solamente la porzione del patrimonio toccata dai singoli investimenti sbagliati.
Laddove l’intero patrimonio sia stato gestito in violazione del dovere di diligenza, il calcolo del danno va compiuto in base al confronto tra lo stato attuale del patrimonio gestito (portafoglio effettivo) e lo stato che il patrimonio avrebbe presentato se fosse stato gestito nel rispetto degli obblighi contrattuali (portafoglio ipotetico). Al contrario, in presenza di singoli investimenti eseguiti in contrasto con i termini del contratto, il danno corrisponde alla differenza tra il valore effettivo dei singoli investimenti e il valore ipotetico che il capitale investito avrebbe presentato se l’investimento fosse stato conforme al contratto.
Il termine di confronto deve basarsi su investimenti alternativi che corrispondono alla strategia d’investimento concordata e che sarebbero stati effettuati da un gestore patrimoniale ragionevole.
A norma dell’art. 97 cpv. 1 CO, la parte che chiede il risarcimento del danno per violazione di un obbligo contrattuale deve allegare e provare il danno subito dal mancato o non corretto adempimento dell’obbligazione. L’art. 42 cpv. 2 CO prevede una facilitazione della prova nel caso in cui la prova stretta del danno non sia possibile, rispettivamente non possa ragionevolmente essere richiesta. La riduzione delle esigenze in materia di prova non deve tuttavia condurre ad un capovolgimento dell’onere della prova. Nella misura in cui la prova si rivela possibile e ragionevole, la parte alla quale incombe l’onere della prova deve allegare tutte quelle circostanze che consentono di determinare l’esistenza e l’entità del danno.
In alcuni casi, la distinzione tra singoli investimenti realizzati in violazione degli obblighi contrattuali e l’investimento improprio dell’intero patrimonio potrebbe risultare difficile. Secondo la dottrina, nel caso in cui non sia possibile individuare le singole transazioni effettuate in violazione del dovere di diligenza, si può presumere che il portafoglio sia stato gestito complessivamente in maniera contraria agli obblighi assunti. Inoltre, se in rapporto ai singoli investimenti eseguiti in modo non corretto, non vi è un numero sufficiente di transazioni conformi al contratto, si presume che l’intero patrimonio sia stato gestito in violazione degli obblighi contrattuali.
In quest’ottica, l’Alta Corte ha stabilito che, qualora le operazioni effettuate in violazione dei termini di contratto siano individualmente determinabili, il danno derivante da dette singole operazioni deve essere accertato e provato separatamente.
Il Tribunale federale ha pertanto accolto il ricorso della banca e respinto l’azione del cliente. Il cliente, in contrasto con quanto previsto all’art. 97 cpv. 1 in combinato disposto con l’art. 42 cpv. 1 e 2 CO, non ha sufficientemente provato il danno subito sulla base delle singole transazioni non autorizzate, ma si è limitato, a torto, a sostenere che il proprio portafoglio sia stato gestito complessivamente in maniera contraria agli obblighi assunti.